#ioleggoperché… perché, invece, la gente NON legge? (Ovvero: alcune critiche ad #ioleggoperché)

(Il titolo di questo post riprende quello dell’articolo che mi ha ispirato a scriverlo, pubblicato giusto ieri sul blog di Pagsy7. Avevo promesso all’autrice un reblog ma, visto che l’introduzione che stavo scrivendo per contestualizzarlo iniziava a diventare più lunga dell’articolo stesso – il che è contrario alle consuetudini – ho optato per un più semplice link. Sappiate che, oltre a quanto dirò io, condivido tutto quello che Pagsy ha scritto.

Alla fine, sono così cialtrone che non riesco neppure a tenere fede alla mia pigrizia: qui dicevo che non avrei partecipato alla Settimana dell’etica e della morale e, invece, eccomi qui a trattare un tema che, per me, di morale – no, meglio: di etico – ha molto…

Buona lettura)

Sarebbe bello dire che, pur covando già molti dei dubbi che esporrò sotto, ho aderito a Cita il libro (ultima puntata qui), “appendice” del progetto #ioleggoperché, scegliendo la “terza posizione”, nella secolare diatriba tra apocalittici ed integrati (titolo di un libro di Umberto Eco che, curiosamente, sto leggendo proprio in questi giorni): scegliendo cioè di non stare né con chi sdegnato rifiuta di “compromettersi” col sistema esistente (l’apocalittico) né con chi si autoassolve con un “questo è l’unico sistema, in questo dobbiamo muoverci” (l’integrato), ma dicendo, piuttosto “Vero, la situazione è questa: ma si può forzare (hackerare, direbbe Mariano Tomatis) il sistema per fargli fare qualcosa che chi lo ‘comanda’ non aveva pensato”.

Sarebbe bello, ma sarebbe falso.

La verità è che io non sono capace di pensieri razionali, quando si parla di libri e lettura: non riesco ad immaginare un libro trascorso senza leggere almeno qualche riga e, come Cervantes, a volte (spesso. Quasi sempre) mi ritrovo a leggere anche i fogli gettati a terra sulla strada; pur non nutrendo il feticismo di molti collezionisti, in più, adoro il libro proprio come oggetto. Mi piace apprezzarne il meso, farne frusciare le pagine, vedermi scorrere le parole sotto gli occhi, annusarne il profumo (più volte ho detto che, dentro l’Amortentia, io senza dubbio sentirei odore di libro o fumetto nuovo). Ecco perché non mi piace l’ebook. Ecco perché, quando ho letto di quest’iniziativa tesa alla promozione della lettura, ho avuto reazioni che non ricordavo dai tempi del calendario di Lola Ponce (e vi prego di perdonare il maschilismo): e già questo avrebbe dovuto mettermi sul chi vive. Stavo reagendo con la pancia, anzi, con gli organi genitali.

Poi, ci si è messa anche la ‘povna, con quel meraviglioso gioco che è Cita un libro: che, per uno che è citazionista quanto lo sono io (soprattutto perché spesso mi mancano parole mie per dire quello che vorrei) era la cosa più divertente inventata sulla faccia della terra dai tempi di nascondino.

Aggiungeteci che, questo sì, era un bel modo per assumere una “terza posizione”: iniziavo già a nutrire i miei bei dubbi su #ioleggoperché (ed infatti la mia prima partecipazione a Cita un libro è stata da “outsider”), ma poteva servire (come infatti è servito) a cementificare relazioni tra i lettori e, perché no, portare qualcuno a leggere quello che scrivo. Non nascondiamoci dietro un dito: se scrivo qui, è perché ritengo che ciò che ho da dire possa essere interessante ed addirittura importante per qualcuno, e voglio che quel qualcuno lo legga. E poi, chissà: magari in futuro qualcuno, seguendo un link di Cita un libro (a cui, per i motivi esposti, continuerò a partecipare, e che spero vada avanti anche dopo il 23 aprile), giungerà su questa pagina, e leggerà i motivi per cui a me non piace #ioleggoperché.

Già, ma ce li esci questi motivi o dobbiamo leggerci le tue seghe mentali e le tue ridicole giustificazioni ancora per molto? Ok, ok, ho capito: eccole, le motivazioni. In rigoroso elenco numerato:

  1. riuscita: dicevo prima (ed ho scritto anche nel commento all’articolo di Pagsy) che, almeno Cita un libro, è servito a creare una “squadra” di lettori forti, che si sono conosciuti, “annusati”, piaciuti, e che forse (si spera) continueranno a consigliarsi titoli anche quando tutto questo caravanserraglio sarà finito (d’altronde, noi facevamo il Venerdì del libro già da prima, eh!) ed a dilapidare stipendi in opere che altri (di cui hanno imparato a fidarsi) considerano fondamentali. L’intento dell’iniziativa, però, non era questo: l’intento dell’iniziativa era avvicinare alla lettura chi legge poco o non legge affatto. Siamo sicuri che basti una foto di Linus, per farlo? Siamo sicuri che basti lanciare #hashtagacaso, per spingere qualcuno a prendere in mano Il signore degli anelli, quando invece potrebbe vedersi i film (vedi punto seguente)? Siamo sicuri che basti regalare dei libri a qualcuno, toh, divertiti!, perché quel qualcuno il libro se lo legga? A me pure hanno regalato un maglione con una renna, ma io non l’ho mai messa;
  2. fighettismo: tutta quest’importanza data ai testimonial inizia a darmi un pochettino ai nervi: se vai sull’homepage di #ioleggoperché, ci trovi Saturnino, Linus, Vergassola, Bersani, tutti che cercano di spiegarti quanto sia figo leggere e farsi una cultura coi libri. Ora: al di là del fatto che a questi testimonial è stato chiesto di fare un gesto dalla dubbia simbologia (potete leggerne qui), c’è da dire anche che questa scelta non fa che ripetere la stessa strategia pubblicitaria che ha reso il libro un prodotto perdente. Ossia: in passato si è già cercato di inserire il libro nel ciclo “compra-consuma-crepa”, trasformandolo un prodotto di consumo midcult, come lo sono anche, per dire, il film dei supereroi o il videogioco che riceve cinque stellette su cinque sulle riviste specializzate. Il problema è che il libro non riuscirà mai a vincere su prodotti di questo tipo, soprattutto in quel pubblico che non ha la cultura del leggere perché a casa, magari non ha neppure un libro. Guarda, Linus dice che è figo leggere! Davvero? Bene, vorrà dire che oggi pomeriggio lo ascolterò in radio;
  3. titoli: come avrete letto se avete seguito il link fornito sopra, #ioleggoperché prevede, essenzialmente, che alcuni lettori forti (chiamati “messaggeri”) ricevano dagli editori alcuni titoli che poi devono passare ai loro amici, “infettandoli” così col “virus” della lettura (questo schema, come si vede, rientra nella “strategia” discussa al punto due: il libro è come un video di gattini che fanno l’autoscontro, diventa “virale” come uno stato Facebook). Prescindendo da altre considerazioni (ossia: dove sono gli editori indipendenti?), ma che diavolo di titoli hanno scelto? Intendiamoci: lungi da me ogni giudizio di valore su quei libri (credo di non averne letto nessuno, tra l’altro), e non dico che si sarebbe dovuto inserire Cinquanta sfumature di grigio (perché quello è un ottimo modo per attrarli un secondo e poi perderli, i lettori), ma: perché dei titoli tutto sommato così di nicchia? Perché non inserire nella lista qualche bestseller? Perché non c’è nemmeno un grande classico? Perché non “Il buio oltre la siepe”, “1984”, “Il visconte dimezzato”? Non è che stiamo soffrendo un po’ di recentismo?;
  4. sfruttamento: questo, a dirla tutta, è l’aspetto che mi irrita di più. L’iniziativa #ioleggoperché ha come primo sponsor l’associazione italiana degli editori: e già il fatto che, quindi, “cali dall’alto”, invece di “venire dal basso”, è qualcosa di negativo. Ma aggiungiamoci poi che, sarò in malafede io (leggete tutto quanto segue alla luce di questa possibilità), ma tutta l’impressione è che, piuttosto che il destino di una nazione composta da sostanziali illetterati, queste anime belle abbiano a cuore quello dei propri incassi, e che cerchino così di raggranellare qualche nuovo pollo a cui vendere un’altra delle “straordinarie nuove saghe” in trentadue comode uscite. E già questo, è abbastanza irritante. Ma che per farlo, invece di pagare qualcuno che pubblicizzi le opere che stampano, si servano di lettori ignari, e che per di più sfruttino la loro passione (che, poi, è quello che permette loro di esistere), be’, è qualcosa di davvero inaccettabile.

E con questo è tutto. E voi, che ne pensate? Avete aderito ad #ioleggoperché con entusiasmo o anche voi notate delle contraddizioni? Fatemelo sapere, non sarebbe male iniziare un dibattito su questo tema e, perché no, proporre forme alternative per invogliare alla lettura chi i libri non li usa più nemmeno per pareggiare le gambe del tavolo.

P.S.: lo so, l’articolo è scritto peggio del solito… e sì che l’ho corretto mille volte! Scusate.

20 thoughts on “#ioleggoperché… perché, invece, la gente NON legge? (Ovvero: alcune critiche ad #ioleggoperché)

  1. Ottime e dolorose riflessioni…
    Più che al libro come prodotto di consumo io lavorerei affinché diventasse un “prodotto” di cui avere bisogno. E anche l’ultimo incapace del marketing sa che per indurre un bisogno è necessario che si avverta un valore del prodotto. Gratis no, non aiuta. Mai. Il rischio è percepire le storie come fossero inutili volantini dell’ennesimo sventurato costretto al volantinaggio. Le pigli e le butti da qualche parte.
    Stampare quel monte copie ha ovviamente dei costi e, magari, investire quelle 500mila euro (faccio cifra tonda) in progetti più concreti non avrebbe fatto schifo. Il problema non sono i costi dei libri (la gente spende un mucchio per la tecnologia) altrimenti tutti andrebbero in biblioteca a prenderseli, no?
    La questione è che in Italia le persone non collocano la lettura tra i propri piaceri. È drammaticamente semplice. Quindi bisognerebbe lavorare su questo: come veicolare questo piacere? Come dirlo al mondo tutto che leggere è una meraviglia?
    Certo se poi uno ci mette il carico di briscola e sceglie la L di loser come simbolo e per testimonial uno che – fuori dai video e dalle immagini patinate – per i libri non fa granché, non si aiuta e non aiuta la persone a scoprire la lettura.
    Comunque credo che fare, sia sempre meglio che non fare (e di sicuro molto meglio che lamentarsi!) perciò bravi tutti quelli che, in qualche modo, metteranno una pezza e daranno senso a questa iniziativa.
    Ciao!

  2. Come ti dicevo – in altra sede – su quest’argomento potremmo discutere per ore perchè da appassionati lettori quali siamo a noi la lettura e la letteratura sta a cuore per amore innato. Le tue riflessioni sono sostanzialmente le mie (mentre devo dire che le seghe mentali inserite hanno dato vivacità all’argomentazione). Per la questione dei titoli scelti, io non voglio polemizzare (per quanto come te ho notato l’assenza di classici, primo fra tutti Calvino che io adoro!)… mi spiego: è la classica situazione in cui qualsiasi titolo avessero scelto da stampare, ci sarebbero state polemiche. In questo caso lamentiamo la mancanza di classici, in un altro caso avremmo lamentato che i classici li conosciamo tutti e non si da spazio agli autori nostri contemporanei… insomma è la situazione in cui come si dice dalle mie parti “come la fai, la fai…sbagli.” . Sostanzialmente i titoli scelti – come dicevo nel mio articolo – sono vari per genere, tema e modo di scrivere… molti erano a me sconosciuti. Da curiosa quale sono mi son presa “il fastidio” di cercare Kader Abdolah (per citarne uno) chi accidenti è?? E così ho acquisito vari “punti-cultura”… di questo sono grata a #ioleggoperché. Faccio parte con delle mie amiche di un gruppo di lettori affiliato a i “Presìdi del libro”, per pura passione da anni facciamo nel nostro paese promozione della lettura con incontri, eventi, giochi, letture, flash-mob, laboratori… tutto gratis, eh!?! Per pura passione… Inizialmente #io leggo perchè mi è sembrata una cosa buona perchè potevo fare su scala nazionale quello che faccio nel piccolo del mio paese… ma poi ho capito che non era così… e pazienza…amen! Concordo sul fighettismo e sullo sfruttamento. Ritengo e ribadisco che il problema dei non lettori è solo lo strato più superficiale di un problema ben più complesso e che coinvolge istituzioni, editoria, cultura e società.

      • Mi rendo conto che la mia affermazione è suscettibile di critica. Sicuramente qualcuno ce l’ha “installato” come dici tu (o per lo meno stimolato e fatto crescere), ma conosco tanta gente che pur essendo cresciuta in un ambiente stimolante e nonostante i tentativi ripetuti di installazione… dei libri non gliene può fregà de meno! Per questo ritengo che oltre alla componente ambientale, ci sia una componente innata e/o di naturale predisposizione.

  3. riflessioni che condivido in pieno, soprattutto il punto 4. ciò non toglie che, uscendo dalla rete, possa essere un’ottima occasione per conoscere, incontrare autori, divulgare quell’amore per la lettura che, concordo con te, non è innato. come avrai notato il mio contributo virtuale a ioleggoperché si è praticamente esaurito: non quello reale, dato che mi sto dedicando all’organizzazione di un evento ad-hoc (nel quale non mi farò grossi problemi a far emergere anche le suddette criticità).
    OT: i tuoi post, da qualche giorno, vengono notificati come “auto draft”. è voluto?

  4. e, perché no, portare qualcuno a leggere quello che scrivo. Non nascondiamoci dietro un dito: se scrivo qui, è perché ritengo che ciò che ho da dire possa essere interessante ed addirittura importante per qualcuno, e voglio che quel qualcuno lo legga. E poi, chissà: magari in futuro qualcuno, seguendo un link di Cita un libro (a cui, per i motivi esposti, continuerò a partecipare, e che spero vada avanti anche dopo il 23 aprile), giungerà su questa pagina, e leggerà i motivi per cui a me non piace #ioleggoperché.

    Ecco, in effetti… 🙂
    Ci sono arrivata proprio così e mi è molto iaciuto il post e il blog!
    Buona serata!
    Alexandra

  5. Vedo questo in margine al tuo post di oggi di Cita un libro, rispondo ai titoli di nicchia: perché i best-seller col cazzo che gli scrittori, pure il tuo caro Benni, danno i diritti di autore gratis. Si fanno i maglioni, banalmente, con la lana che si ha. E anche questo è etica, in realtà. A dopo (molto dopo, perché tornerò tardi) per la mia citazione di oggi!

    • Evidentemente anche lui nutre dei dubbi… 😉 Dubbi che non sono solo quelli sui titoli, comunque.

      Mi fa piacere che tu mi scriva, comunque, anche se sei sempre molto severa ;-).

      • No. Ti posso assicurare, visto che la cosa l’ho un po’ seguita, che la questione era marxiana assai. (Sulla severità, se ti riferisci alla questione tematica, è un dato di fatto: se qualcuno mi dice che una livelletta non è una tegola io, che non sono ingegnere, prendo atto. La critica tematica è un po’ il mio campo, e dunque, onestamente, se ci sono delle cose da dire le dico, in specie a chi dichiara amore per le belle lettere e la scrittura. 🙂

  6. La ‘povna mi ha preceduta, ma il senso è lo stesso. Le iniziative, pure le migliori, si scontrano con quella bella cosuccia che è il copyright. E i titoli che citi tu, ecco, col cazzo è la definizione giusta. E gli altri accettano solo per uscire un po’ dalla loro nicchia, ben chiaro. La buona fede, Gaber, è morta in guerra. torno sul tardi che mi serve un mezzo più appropriato per postare

    • Vale la stessa risposta che ho dato a ‘povna: e, tra parentesi, io non credo che per inserire un titolo di Salgari (dico per dire) ci fosse bisogno di una battaglia legale. A me sembra che la scelta dei titoli rientri nella stessa “idea” di quella dei testimonial. E comunque, questo è solo un punto del problema.

    • Aggiungo che proprio su quei titoli che Gaber cita come auspicabili c’è stato un tentativo a sfinimento, spesso con gli eredi (ma anche coi viventi, alcuni sono stati una grande delusione, da questo punto di vista – non Pennac, per dire, mosca bianca che merita di essere citato) che non hanno mollato un colpo.

      • Ad entrambi: qualche perplessità l’espressi anch’io, ma più nei termini di citare meno classici e più blockbuster. Mann è meglio, ma Grisham in certi momenti ed ambiti performa senz’altro di più (e semplifico, ovviamente, che il discorso sarebbe invero più ampio e meno tranchant) Sui titoli auspicabili, parlando in meri termini di marketing (che è pane mio, come sapete) tutto ciò non mi stupisce affatto. Non è che perchè uno è un grande autore debba essere anche una gran persona. In media sono tutti attentissimi al loro portafogli e ho conosciuti gran rivoluzionari col cuore senz’altro a sinistra ma il portafoglio assolutamente a destra.

  7. (Dato che è stato tirato in ballo: a chiunque voglia scoprire qualcosa su Kader Abdolah consiglio questo blog http://www.fondazionemilano.eu/blogpress/abdolah/, realizzato per il corso di letteratura olandese durante l’ultimo anno di specialistica. C’è pure l’intervista che gli abbiamo fatto quando è passato a Milano per Bookcity, nel 2013 🙂 )
    Il post mi riservo di rileggerlo con più calma, ché è un periodo in cui dopo una certa ora non riesco a tenere la concentrazione per più di 500 caratteri :/

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