Take a look at yourself

Prima di criticare me diventate un esempio.

La frase suonava più o meno così, ed il colore rosso non è farina del mio sacco, ma era presente già nell’originale. Per qualche giorno, un’immagine contenente solo questa frase e (mi pare) qualche filtro Instagram è stata la “foto profilo” di Whatsapp di una mia conoscente (stamattina è stata cambiata con un’altra, meno rifinita ma consistente sempre in una sola frase. Questa supera quella per gentilezza).

Suppongo non avrebbe dovuto turbarmi quanto ha fatto.

Da quando l’Internet è diventato un fenomeno di massa e passare quindici ore su ventiquattro incollati ad uno schermo, quale che sia, ha smesso di essere una cosa per sfigati ed è iniziato a diventare la norma, non passa giorno senza che qualcuno debba sbatterci in faccia il suo ottimo carattere, in modi che, credo, vengono anche ritenuti piuttosto arguti. Chiunque di voi possieda una bacheca Facebook, ed anche chi come me non la possiede, sa che è impossibile far trascorrere una giornata senza che almeno una di queste simpatiche attestazioni di fierezza (a cui magari segue una risposta piccata, che provoca una replica al vetriolo, che…) gli passi sotto gli occhi. I forum avevano delle precise norme, ed addirittura degli utenti incaricati di non far degenerare le discussioni in flames; Facebook si preoccupa di altre cose, evidentemente (fino a qualche tempo fa, dei capezzoli delle donne che allattavano, ad esempio).

Certo, forse, nel momento in cui perfino due signori di una certa età (per quanto giovanili) come Morandi e Magalli si mettono a litigare su Facebook, dovremmo fermarci e farci qualche domanda: ad esempio, ha senso utilizzare uno strumento che si chiama “social network” e che chiama “amici” le persone con cui mi aiuta a tenermi in contatto (facendosi, nel frattempo, un’abbondante dose di cazzi miei) per trasformare il mondo digitale in una versione appena più realistica di “Uomini e donne”?

Peggio: ha senso fare una cosa del genere usando Whatsapp, che almeno in linea di principio è un mezzo di comunicazione più “intimo”? A chi ci si aspetta di darlo, il proprio numero di telefono? Ad amici; o a persone con cui si è in rapporti di lavoro. Presumo che a nessuna delle due categorie vorreste far arrivare un messaggio delle varie gradazioni del “Tu sei peggio di me, quindi stai zitto!”.

Ma fare queste considerazioni non è il mio scopo (non oggi, almeno): quel che volevo dire, semplicemente, è che queste gradazioni non solo esistono, ma tutti noi ci veniamo a contatto quotidianamente, più volte al giorno. E non è una cosa che riguarda solo i nostri tempi: che queste gradazioni le ha mica introdotte nel nostro mondo Mark Zuckerberg dopo aver spalancato le porte dell’Averno, eh. Considerate anzi che sono in giro almeno dal 1957, quando il grande Bo Diddley incise una canzone che si intitolava “Before you accuse me (Take a look to yourself)” (che qui vi propongo in una bellissima versione acustica di Eric Clapton, per la gioia della mia amica boudoir77. E non si dica che non penso a voi!).

E dunque, la domanda resta: perché quella frase mi ha turbato tanto? La risposta, che mi sono data dopo tre giorni di riflessione, ha un nome ed un cognome.

Silvio Berlusconi.

Premessa: non sono uno di quegli antiberlusconiani paraculo che credono che la causa di tutto il male che c’è stato in Italia negli ultimi ventidue anni sia da attribuire al miliardario di Arcore. Credo, anzi (e l’ho scritto forse troppe volte) che per Silvio Berlusconi valga quello che Pietro Gobetti diceva a proposito del fascismo: e cioè che il berlusconismo è stata l’autobiografia della nazione. Gli italiani non si sono fatti irretire da Berlusconi; gli italiani lo hanno riconosciuto e gli si sono accodati in massa: se l’Italia, negli ultimi ventidue anni è stato lo schifo che ora tutti sono pronti a riconoscere, è perché gli italiani hanno messo a governarla la summa dell’italianità.

Sarebbe però ingenuo negare che Berlusconi qualche influenza sul nostro modo di vivere, pensare, addirittura parlare (utilizzo spesso l’espressione “utilizzatore finale” e “a sua insaputa”, dopo gli eventi dell’ultimo governo guidato dal Cavaliere) l’abbia avuta; e, attenzione, che l’abbia avuta, in un certo senso, anche suo malgrado: intendo, è ovvio che, su certi argomenti, Berlusconi ha scientemente brigato per cambiare modi di pensare diffusi o rinforzare guasti già presenti nel “sentire comune”. Penso penso che abbia influito così (ed in modo pesante) sul proliferare del “take a look at yourself”.

Per ventidue lunghi anni, la comunicazione ed il dibattito politico si sono basati essenzialmente sull’ad personam; l’ad personam è quella tecnica retorica per cui, quando si è a corto di argomenti, si passa dal discutere di cose all’attaccare le persone. Ricordate il caso Mesiano, o il caso D’Addario: dato che era impossibile scendere nel merito delle questioni, Berlusconi (ed i bulli travestiti da giornalisti che lo spalleggiavano) si contentarono di prendersela con le persone che quelle questioni le avevano sollevate. A volte, per motivi francamente futili (indimenticabili i calzini turchesi del giudice Mesiano).

Ora: è caratteristica dell’essere umano e più in generale di qualunque specie vivente che aspiri a rimanere su questo pianeta per più di quindici minuti scegliere, tra le molte opzioni possibili, quella che apparentemente da il miglior risultato. Figuratevi di dover comunicare, e di trovarvi di fronte uno che si comporta così, e che è baciato da un consenso che neanche ai bei tempi del listone unico fascista (ed allora, come si sa, le elezioni si facevano con le rivoltelle): che cosa fareste? Semplice: adottereste il suo stile comunicativo. Ed infatti, eccoci qua a dare della “culona inchiavabile” a chi ci fa notare che abbiamo messo su qualche chilo, dall’alto della sua cellulite. Senza stare a riflettere sul fatto che, sì, forse avremmo dovuto dire alla signora di fare anche lei più attenzione col cibo, ma che andarsi a fare un giro sulla bilancia non avrebbe fatto male.

Ma, finché rimaniamo nell’ambito dell'”affine”, ancora ancora si può concedere a questo procedimento retorico un margine di tollerabilità: nel senso che è anche corretto far notare la propria incoerenza a chi ci consiglia un giretto dall’oculista per farci rimuovere certe pagliuzze dall’occhio, non notando di avere una trave di quelle che si usano per puntellare i tetti nell’orbita. Il problema inizia a porsi quando il nostro vicino ci fa notare che gli abbiamo pestato (probabilmente in modo intenzionale) un piede, e noi gli rispondiamo che abbiamo visto che non raccoglieva la cacca del suo cane. E poi, sdegnati, gli diamo le spalle e ce ne andiamo.

Anche su questo, Berlusconi ha avuto il suo peso. Il Cavaliere, infatti, ha speso molto del suo tempo (per ovvi motivi) a convincerci del fatto che siamo tutti peccatori; e che, dunque, si deve guardare con una certa indulgenza ai peccati dei nostri simili (a meno che, ovviamente, questi non siano cannibali di bambini, giudici della Corte Costituzionale o dipendenti statali “fannulloni”). Il discorso sarebbe corretto, non fosse che quella propugnata da Berlusconi (e quella che oggi propugnano molti suoi involontari adepti) non è affatto indulgenza, quanto lassismo. La differenza è fondamentale: l’indulgenza serve a proteggere il debole, il lassismo a coprire il potente.

Non solo: ma Berlusconi ha tentato pure (con notevole successo) di convincerci del fatto che tutti i peccati sono uguali. Ebbene, non è così: non possiamo rinfacciare a qualcuno che ci sta accusando di omicidio, di aver guidato una volta cento metri in contromano perché non aveva visto un senso unico, e poi allontanarci credendo di aver avuto la meglio su di lui. C’è una gerarchia nel peccato, come c’è nella virtù, faceva notare Guglielmo da Baskerville ne “Il nome della rosa”: e farsi leggi per il proprio tornaconto, o nominare in posti anche importanti dell’organigramma statale persone che ci hanno fatto favori sessuali (cose mai dimostrate, per l’amore di Dio!) sarebbe, nel caso, più grave che fare due chiamate a casa del proprio amante, minacciando sua moglie: cosa che non fu mai dimostrato che Dino Boffo avesse fatto. Eppure, l’equiparazione dei peccati gli costò il posto. E sì che lavorava in un posto dove di peccati dovrebbero intendersene.

Ma dunque, a turbarmi è stato dunque scoprire che, ad ormai cinque anni dalla sua caduta “politica”, il berlusconismo “culturale” è ancora in giro? No: è stato, semmai, accorgermi di quante piccole cose abbia cambiato, insensibilmente, giorno dopo giorno, il Cavaliere. E si sa: le cose grandi sono facili da fare e da disfare. Ma per le piccole, bisogna spenderci tempo e sudore.

Soprattutto perché, spesso, non ci si accorge nemmeno che sono cambiate.

11 thoughts on “Take a look at yourself

  1. Mi pare che il nostro sia ora ex Cavaliere. Certamente c’è del vero in ciò che dici, ed aggiungerei inoltre che i social networks e una sfilza di trasmissioni spazzatura abbiano contributo a rafforzare il fenomeno che, si badi bene, non è solamente circoscritto al nostro paese. A volte inorridisco nel leggere i commenti ad alcuni video postati su YouTube, e questi sono postati spesso anche in inglese.

  2. eh già, la domanda sta prioprio lì: viene prima l’uovo o la gallina, viene prima berlusconi o viene prima un paese che ha accolto e amplificato? drive in ha creato le tettine e i culetti in televisione o ha solo dato forma a un desiderio che nasce altrove, che nasce molto prima? io voto la seconda ipotesi: berlusconi figlio dell’italietta e della storia piuttosto che viceversa.

  3. Secondo me il berlusconismo sta continuando ben bene per la sua strada… l’italietta ha solo sostituito il volto di Silvio con quello più giovane del mio conterraneo… purtroppo le variazioni possono essere in qualche termine usato ma la sostanza è sempre la stessa… Cambiano i tempi ma i figli dei tempi sembrano partoriti sempre dalla stessa mamma…

    • Io ho invece il dubbio che il berlusconismo sia stato solo il preludio cialtronesco del renzismo. Perché Renzi, rispetto a Silvio, una cosa “migliore” ce l’ha: l’efficienza. La spietata efficienza.

      • L’efficienza è solo una grossa nuvola di fumo per nascondere l’assenza dell’arrosto. Lui sembra che si agiti tanto e che sia velocissimo ma poi ti accorgi che corre tanto tanto ma… senza andare da nessuna parte… Se Renzi sindaco fosse stato efficiente non avremmo avuto la voragine in Lungarno Torrigiani.

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