(Più di un mese fa, ossia, nella scala dei tempi di Internet, in un’altra era geologica, sul blog di Pina Bertoli Il mestiere di leggere, era comparsa la recensione del libro di Vins Gallico Storia delle librerie d’Italia; in un passaggio di essa, la sua autrice rifletteva sulla natura e l’identità delle librerie indipendenti, in Italia ormai sempre più “animali” in via d’estinzione ed anzi, in certe zone, addirittura mitologici. Nel mio commento a quel post, facevo sapere che nella città in cui vivo attualmente, Cesena, di libreria indipendente ce n’è una, I libri di Elena, così bella da essere andata a finire perfino nell’ultima edizione della Lonely Planet dedicata all’Emilia Romagna.
Il giorno successivo, Pina aveva dedicato ad Elena Baldini, la proprietaria ed animatrice di quella libreria un post, questo, che raccoglieva quel che “si diceva di lei” su Internet; opera meritoria, che ho creduto meritasse un’ulteriore espansione: così, ho scritto a Pina chiedendole se poteva interessarle ospitare sulle sue pagine un’intervista ad Elena, che mi proponevo di effettuare in prima persona.
La risposta è stata positiva e, in tutta onestà, avrei voluto onorare il mio impegno molto prima; ma, da quel momento, tra noi e la realizzazione di questo proposito si sono frapposti impedimenti di ogni tipo: gli impegni di Elena, i miei, il malfunzionamento dei server di Libero che, per qualche tempo, non ci ha consentito di comunicare; ad un certo punto, mi è sembrato che perfino lo sciame sismico che si è abbattuto sulla Romagna alla fine di gennaio fosse un segno… e mi fermo qui, vista la storia non proprio fortunata che mi lega ai sommovimenti tellurici.
Ma tutto è bene quel che finisce bene e, alla fine, ce l’abbiamo fatta: qui sotto trovate l’intervista, che è finita per divenire più una conversazione, che lo scorso mercoledì Elena è stata così gentile da volermi concedere. Non sono un buon intervistatore, lo so, e si nota da quanto astruse e convolute siano le mie domande; vi prego di perdonarmi per questo. Posso solo dire che, nonostante non siano le migliori che siano mai state concepite, quelle domande sono state comunque motivo di riflessioni assai interessanti.
Chi volesse seguire I libri di Elena, trova qui il suo profilo Instagram, qui quello Facebook e qui il suo sito Internet, da cui potete acquistare libri che Elena spedisce in tutta Italia. Ma, se posso darvi un consiglio, se passate da Cesena fate un salto in Corte Piero Della Francesca ed andateci di persona. Ne vale la pena).
Cominciamo con la domanda di rito: quando è nata I libri di Elena? Ed una un po’ meno banale: perché è nata I libri di Elena?
I libri di Elena è nata a fine novembre 2017. È nata per la mia passione per i libri: avevo sempre in testa di aprire una libreria, è il sogno nel cassetto e ho avuto modo di realizzarlo. Si sono create quelle condizioni personali, familiari ed anche economiche per realizzare l’apertura di una libreria: perché comunque la gestione di una libreria… è comunque un negozio, un’attività commerciale, e quindi è un’attività impegnativa: praticamente vivi qui! Sono riuscita a coniugare un po’ tutto, gli impegni familiari, gli impegni personali e quando è venuto il momento che potevo fare questo passo l’ho fatto e ne sono anche molto contenta, al momento.
Posso chiederti da che mondo vieni? Cosa facevi prima, quali studi hai fatto?
Io ho fatto studi classici, il liceo classico qui a Cesena quando era ancora alla Biblioteca Malatestiana. Poi sono laureata in Lettere moderne indirizzo storico e la mia tesi è lì, Ebrei a Cesena nel Cinquecento, sono riuscita a pubblicarla perché ho fatto un po’ di ricerche ed ho trovato dei documenti inediti sull’argomento. I miei percorsi di studio sono quelli, poi ho fatto un lavoro completamente diverso nel mondo bancario, ma ho sempre coltivato la mia passione per la lettura, i libri, la letteratura per l’infanzia, tantissimo, e infatti nella libreria è una parte importante.
Questa è proprio una domanda che volevo farti, perché è importante per te, per I libri di Elena, la parte sui ragazzi. È anche quella che si nota di più passando davanti al negozio.
Sì, c’è chiaramente tutta la narrativa per adulti, questa sì, ma per me anche la letteratura per ragazzi è molto importante, sto continuando a studiarla, ad approfondirla, mi piacciono tantissimo tutti gli argomenti che ruotano intorno a questo mondo. La letteratura per l’infanzia non solo come narrativa, come autori, penso ad esempio ad una Astrid Lindgren, ad un Dahl, ma anche come albi illustrati, e quindi tutto il mondo degli illustratori.
Ho visto un mio autore culto qui: Bruno Munari.
Infatti la Corraini, che a me piace tantissimo come casa editrice, pubblica tutte le opere di Munari. Ecco, lì si entra in un ambito ancora più particolare: questi libri importanti, libri gioco, c’è una filosofia dietro veramente molto bella.
Ed è bello anche per il discorso del libro come oggetto, non solo come “contenitore”.
Esatto. E infatti io lavoro tantissimo nel settore dei bambini e dei ragazzi, ma i libri illustrati, i libri di autori importanti come un Munari piuttosto che, non so, mi viene in mente Shaun Tan, che a me piace tantissimo, ecco in questo comparto trovi comunque tutti libri che vengono regalati anche agli adulti. I libri per esempio di Joanna Consejo, che è una grandissima illustratrice e che qui da noi è pubblicata dalla casa editrice Topi Pittori: M come il mare, L’anima smarrita… comunque hanno anche un pubblico adulto.
Ma sono libri di narrativa oppure di altro genere?
Questi sono albi illustrati. Per esempio questo è L’anima smarrita, pubblicato da Olga Tokarczuk (che ha vinto il premio Nobel), e quindi il testo è suo, e le illustrazioni sono della Concejo. Meraviglioso!
Quindi una storia quasi solo per immagini.
Sì, c’è anche il testo, ma le illustrazioni hanno una parte importante. È meraviglioso, io di questo libro qui ne ho vendute tante, tante copie, viene molto regalato.
Prima parlavamo dei libri oggetto ed io pensavo a Kerri Smith che ha avuto grandissimo successo con Distruggi questo libro, e mi è piaciuta l’idea perché trovo che ci sia un po’ di feticismo sul libro come oggetto, per cui l’idea è geniale. Però pensandoci viene da una tradizione antica, che risale a Munari (che io conosco perché è un orgoglio italiano) ma anche ai surrealisti, se vogliamo.
Sì, e per tornare nell’ambito di Munari la Corraini pubblica anche Enzo Mari, che è un altro grande nostro autore, e si trovano tutte queste cose qui nel reparto cosiddetto bambini che poi per bambini non è.
Non ricordo chi disse che la letteratura per bambini non esiste, esiste la letteratura e basta. Uno dei più grandi autori italiani del Novecento per altro era un autore per bambini: Gianni Rodari. Ho letto recentemente C’era due volte il barone Lamberto, che non è un libro per bambini. Non solo.
E infatti (non so se ce l’ho ancora, sì) molte cose di Rodari vengono anche riprese da illustratori, questa per esempio è Beatrice Allemagna, una delle nostre più grandi illustratrici che attualmente se non sbaglio vive a Parigi, per Emme Edizioni ha illustrato di Gianni Rodari La passeggiata di un distratto. E questo è stato regalato per Natale anche agli adulti. Guarda che meraviglia! Per cui sì, per me gli scaffali “per bambini” in libreria sono molto importanti: non solo perché piacciono a me, ma anche perché hanno un pubblico trasversale e molto importante. E comunque, ci si tiene proprio: soprattutto per i bambini più piccoli, dai primi mesi di vita fino ad arrivare a tutta la primaria, fino ad arrivare alla quinta elementare, io ho notato che ci si tiene molto a regalare il libro cartaceo, a dare in mano il libro oggetto, il libro vero, ai bambini. Guarda, per esempio, anche un altro libro: anche questo è stato regalato tantissimo a Natale, La cura di Franco Battiato con le illustrazioni di Sonia Luce Possentini. Anche questo è straordinario, ha delle illustrazioni all’interno straordinarie. È un dono molto bello.
Senti, visto che stiamo parlando di libri particolari, di libri che non sono solo parole, posso chiederti di questi libri che ho notato fin dalla prima volta che sono entrato qui, i libri muti?
I libri muti sono dei quaderni, fatti da Slow Design, un’antica tipografia di Firenze. Sono rilegati a mano, dipinti a mano nel bordo, e riprendono le prime copertine di grandi classici della letteratura. E anche quelli piacciono veramente tanto, come idea regalo, come oggetto, piacciono molto.
Siamo un po’ partiti per la tangente. Ma, scusami, io sono un tipo polemico a cui piace mettere in difficoltà l’interlocutore, e quindi ho pensato: ma, nel 2023, con il digitale, le librerie di catena, solo a Cesena, che tutto sommato non è una metropoli, ce ne sono due…
No, ce ne sono cinque: la Mondadori, le Librerie della COOP, la Giunti, la Ubik… no, scusa, quattro. Non c’è purtroppo la Feltrinelli perché, credo sia l’unico caso, aveva aperto e poco dopo ha chiuso. Purtroppo!
Ed in questo contesto, aprire una libreria non è un po’ come essere gli ultimi giapponesi nella giungla, a cui nessuno ha detto che la guerra è finita ed hanno perso?
È stato chiaramente un atto di coraggio e se vuoi anche di incoscienza: ma, secondo me uno spazio come questo qui mancava, perché comunque una libreria indipendente è, appunto, indipendente, non deve rispettare nessuna regola e nessuna imposizione dall’alto. Nasce proprio dalla personalità del libraio, e infatti in tutte le librerie indipendenti in cui vai, quando entri vedi proprio l’anima del libraio, perché dipende dalle nostre scelte: delle case editrici e degli autori. In particolare, io quello che volevo fare e che sto facendo è quello di non rincorrere i titoli del momento. A meno che non sia un autore o un libro che mi piace tantissimo, qui non troverai mai il best-seller o il libro di classifica: non avrebbe senso proprio perché ci sono tutte le librerie di catena.
Me ne sono accorto perché, la prima volta che sono entrato qui dentro, ho preso un libro e te l’ho anche detto: questo qui lo cercavo da una vita! E non parliamo di un autore secondario, ma di Adolfo Bioy Caseres, del suo romanzo più importante, L’invenzione di Morel, pubblicato da SUR (non una casa editrice locale o piccola), e che io non avevo mai trovato nelle librerie di catena.
Lo sai cos’è? È che le librerie di catena, dovendo andare dietro alla produzione, all’uscita, di tutti questi titoli nuovi, a maggior ragione dopo la pandemia, quando si era rimasti anche un attimo indietro, hanno dovuto recuperare, quindi sono usciti tantissimi titoli, e non lavorano più sul catalogo. C’è un ricambio velocissimo dei titoli, e quindi spesso alcuni autori o alcuni titoli che meritano e ai quali bisognerebbe secondo me dare importanza e anche più tempo passano nel dimenticatoio o in secondo piano. A me invece piace proprio lavorare molto sul catalogo delle case editrici, continuare ad avere a scaffale certi libri che magari hanno anche cinque, sei anni di vita, però c’è qualcuno che ancora non li ha letti.
Una libreria di seconda visione, se vogliamo, come i cinema.
Sì, anzi io qualche volta mi arrabbio perché non riesco a capire alcune dinamiche delle case editrici (anche quelle per bambini) che hanno titoli davvero belli, che le librerie dovrebbero avere sempre a scaffale e continuare a proporre, fuori catalogo o difficilmente reperibili. E quindi quello che volevo fare io con una libreria indipendente è proprio questo: dare importanza, mettere in primo piano le case editrici più piccoline, che però fanno un lavoro straordinario. L’ultima che mi viene in mente è la Cliquot Edizioni. Loro pubblicano i “classici dimenticati”: gli autori classici, che hanno avuto una storia molto importante nella letteratura italiana o straniera, che però sono passati in secondo piano perché appunto dimenticati. E lo fanno tra l’altro con una cura straordinaria, sono libri molto belli, molto curati. A me piace dare spazio a queste realtà: adesso mi è venuta in mente la Cliquot, un’altra può essere L’Orma, che in questi ultimi mesi è diventata più conosciuta perché ha portato in Italia il premio Nobel Annie Ernaux. Loro pubblicano soprattutto letteratura francese e tedesca e pubblicano dei titoli straordinari, secondo me, ed anche loro hanno una cura incredibile nelle loro edizioni: dalle copertine, alla grafica, alla carta.
Che poi, se ci pensi, proprio perché parlavamo del periodo in cui va la letteratura digitale: perché altrimenti uno si dovrebbe “affidare” al cartaceo? Che senso ha l’editore? Penso ad una polemica che era venuta fuori al tempo in cui c’era in onda il “reality show degli scrittori” ed il premio era un certo numero di copie digitali: qualcuno giustamente si chiese che senso aveva. Volevo quindi farti una domanda su cosa offre una libreria indipendente, sul perché un lettore dovrebbe scegliere una libreria indipendente, ma direi che mi hai risposto ampiamente.
E poi il libraio, il libraio che non è un commesso. Con una libreria indipendente non ti arricchisci, e quindi è un lavoro che fai per passione. E quindi è chiaro che il libraio legge, legge, legge e legge ed è in grado di poterti consigliare. Con i propri utenti, almeno a me sta succedendo questo, si instaura anche un certo rapporto di fiducia, uno scambio reciproco: io consiglio, ma anche tanti clienti consigliano me. A me, per esempio, piace tantissimo la letteratura americana, e tante volte parlando, confrontandoci, viene fuori: ah, leggi questo perché vedrai che ti piace… e quindi è proprio un consiglio reciproco. Si crea, per quanto mi riguarda si è venuta a creare una piccola comunità. È bello.
Il digitale in effetti ci ha tolto l’aggregazione: ci sembra di essere connessi col mondo, e invece siamo ognuno a casa sua, non di rado nella sua camera d’eco, e quindi parliamo solo con noi stessi. I Wu Ming, che sono tra i miei scrittori preferiti, dicono sempre quando pubblicano un libro di comprarlo in una libreria, ed in una libreria indipendente, o meglio ancora ad una presentazione: perché l’aggregazione ed il gruppo sono importanti. Ed a questo proposito prima hai detto una cosa che mi è piaciuta: c’era bisogno di questo spazio, nel senso fisico. Qui tu sei in un luogo particolare: una corte ricavata da un vecchio monastero delle Clarisse. Quanto è importante lo spazio dei libri? A Cesena poi, dove c’è uno spazio dei libri fondamentale: la Biblioteca Malatestiana, la prima biblioteca civica del mondo. Quanto è importante lo spazio dei libri? Mi dispiace che chi legge non vedrà dove siamo, ma tu hai curato moltissimo l’ambiente.
Sì, una certa atmosfera. Io volevo ricreare moltissimo l’idea di casa, ed un luogo che mi rispecchiasse. Un luogo caldo, accogliente, che facesse sentire il lettore a proprio agio, non un posto freddo. Infatti anche le luci, queste piccole lampade… Ed è molto importante anche la corte perché qui, nei mesi estivi, organizzo anche delle presentazioni, degli incontri, ed è molto bello perché è un’atmosfera raccolta. Purtroppo il negozio non è grande come vorrei, avrei esigenza di allargarlo un attimo, ma si vedrà se troverò qualcosa di altrettanto bello, però al momento mi piace molto. Ed è importante il luogo fisico: me lo dicono tutti, tutti i clienti, che entrando qui si sentono bene accolti.
Sì, è raccolto ma non da quell’idea di chiuso. Mi fa piacere che sia una cosa condivisa, perché lo avevo notato.
E poi non è uguale a tutte le altre, cioè non è standard. Qui è personalizzato.
Visto che ne abbiamo parlato prima vorrei sapere la tua opinione su questo: parlavamo del feticismo del libro come oggetto. C’è però un’altra tendenza: quello del libro come accessorio. Parlavamo delle librerie di catena, che spesso non ti vendono libri, non solo libri, e ti fidelizzano in modi che coi libri hanno poco a che fare: ma la cosa più grande sotto questo punto di vista sono “i libri degli influencer”, che come ho sentito dire a qualcuno non sono libri, sono gadget per i firmacopie. Tu, quando scegli un autore da presentare, a cosa ti affidi per la scelta? Perché non penso che qui tu presenterai libri di moda.
Ma parli di presentazioni o di scelta di cosa esporre?
Tutti e due.
Allora: per la scelta dell’esposizione, con le case editrici come Atlante, SUR, L’Orma, ho il rapporto diretto. E quindi ho tutto il loro catalogo ed il rapporto con l’editore, che mesi prima mi fa vedere quale saranno le sue nuove uscite, mi manda le copie staffetta, molto in anticipo, da leggere, così so già i libri che proporranno, mi manda approfondimenti o interviste con gli autori e le autrici. Quindi la scelta parte proprio dalla casa editrice, io conosco il loro catalogo e la filosofia che c’è dietro le loro scelte e so già cosa vado a proporre. Mentre per quanto riguarda le case editrici più grandi, sto pensando ad un’Einaudi o… mettiamoci anche Iperborea oppure Fazi o altre ancora, lì va la scelta mia personale, e quindi cerco di leggere il libro e se mi piace, ma vado soprattutto sulla scelta dell’autore. Per quanto riguarda le presentazioni mi piace dare spazio agli autori emergenti italiani che hanno scritto uno, due libri, che comunque hanno riscosso successo, cioè libri che almeno qui in libreria sono piaciuti, e mi piace tanto non dare spazio solo ai “soliti noti”, ma anche agli scrittori un po’ più piccolini ma che non vuol dire che non siano pregevoli.
Voglio farti una piccola domanda su quella piccola sezione lì. Ho scoperto…
… il Ponte Vecchio.
Esatto. Questa meravigliosa casa editrice che è il Ponte Vecchio che pubblica libri di storia locale. Mi è piaciuto molto. Ma ecco: ultimamente abbiamo assistito ad una santificazione del territorio. C’è questa ossessiva ripetizione del “territorio”, che rischia di diventare sciovinista e spesso ha fini esclusivamente turistici. Tu come vivi il territorio e la scelta di questi libri? Qui poi siamo fortunati, perché questo editore pubblica autori di una certa levatura, studi serissimi… Io che sono appassionato di folklore ho comprato libri bellissimi sull’argomento, che riportano studi di livello accademico. Tu sei d’accordo con me intanto? O non condividi questa visione?
No no, assolutamente. Sono d’accordo. Però io sono convinta che sia importante dare voce agli autori della propria città e del proprio territorio. Ed anche al dialetto. Qui abbiamo anche libri di poesia, soprattutto, poesie scritte in dialetto che riprendono le tradizioni e piacciono sempre tanto. Infatti noi tutte le estati organizziamo una serie di presentazioni: abbiamo un calendario che insieme all’editore del Ponte Vecchio viene deciso prima e facciamo presentazioni di autori locali, e sono presentazioni molto molto partecipate, molto seguite.
Tra l’altro il rapporto che avete voi, voi romagnoli intendo (io purtroppo non sono romagnolo) col vostro territorio è sano: c’è un amore per il territorio che non diventa nazionalismo, per dire così.
No, è vero. Poi la nostra è una zona molto ricca di storia: sono usciti dei libri, anche romanzi, che però hanno un approfondimento storico molto bello, molto importante. Per me è una parte importante questa, assolutamente.
Ultima domanda, poi ti lascio al tuo lavoro. Qualche anno fa, un politico molto famoso all’epoca (ora molto meno, per fortuna) ha detto una frase che è rimasta nota: fatevi un panino con la Divina Commedia. Frase storica, orribile, a cui però ha fatto seguito l’idea opposta che la semplice lettura potesse essere un atto rivoluzionario. Ho trovato questo sempre abbastanza stucchevole, pur odiando Tremonti con tutto me stesso: ma secondo te, i libri, la letteratura, hanno ancora una loro dimensione politica, o siamo veramente solo al libro accessorio? Da una parte noi lettori ci dimentichiamo spesso che leggiamo perché ci piace, non per altri motivi; dall’altro però si rischia il disimpegno più assoluto, per cui il libro è solo intrattenimento.
No, il libro non è solo intrattenimento. Tutt’altro. Per me il libro vuol dire tanto, è un qualcosa che ti da, che ti apre la mente, che ti aiuta a capire tante cose. Per me il bene più importante è la libertà, lo è sempre stato: infatti, io ho le mie idee, ma apprezzo sempre quelle degli altri. Perme la parola, la lettura, il libro è lo strumento migliore che ti permette di essere libero, di esprimere le tue opinioni e le tue idee. Dall’altra parte, come lettore, il libro ti permette proprio di aprirti al mondo, conoscere esperienze diverse, opinioni diverse, mondi diversi: è per quello che per me è importante che i giovani non perdano l’abitudine alla lettura, perché la lettura è importantissima, ti permette di avere un tuo pensiero, di non essere omologata, ti permette di avere la massima libertà. Il libro quindi non è solo intrattenimento, tutt’altro. Ed io spero che continui ad essere così.
Librai non si diventa per caso…. è davvero bello leggere queste parole, che aprono un mondo, e non solo di libri…
Reblogged this on Il mestiere di leggere. Blog di Pina Bertoli and commented:
Voi sapete quanto io ami le librerie (se potessi, ci vivrei dentro…), e in particolar modo le librerie indipendenti. Qualche tempo fa, avevo dedicato un post ad una libreria indipendente di Cesena, I libri di Elena, di Elena Baldini, che mi era stata segnalata da Gabriele; oggi vi propongo l’intevista che Gabriele ha realizzato appunto con Elena Baldini, nella quale Elena si racconta.
affascinante, grazie.