RWF – 1

Lo ammetto: per questo primo episodio della rediviva Random Wonder Fight (RWF: ogni spiegazione qui e qui), per cui mi sono sfidato da solo, ho avuto la tentazione di barare. E, come diceva Oscar Wilde, c’è solo un modo per sfuggire ad una tentazione: cedervi.

Mal me ne è incorso: perché Kràsensko, oggetto di questo episodio e piccolo comune della Repubblica Ceca orientale, non raggiunge i quattrocento abitanti, ma questi sono comunque più numerosi delle parole che gli dedica la versione italiana dell’enciclopedia online; e la situazione non migliora estendo la ricerca a Google: il motore di ricerca, quando lo interrogo su Kràsensko, continua ostinatamente a chiedermi se non sto per caso cercando John Krasinski, attore statunitense che ha girato unicamente film e serie tv che non ho visto. E quindi no, Big G, non sto cercando Krasinski: sto cercando proprio Kràsensko.

La Wikipedia in lingua inglese fa meglio, anche se di poco: se non altro contiene un’affascinante tabella che mostra l’andamento della popolazione locale a partire dal 1869 e che fornirà spunti di riflessione a chi non abbia mai trovato il tempo di ragionare sul dramma dello spopolamento dei piccoli comuni del distretto di Vyškov, regione della Moravia Meridionale. Per altro, i dati forniti da en.wikipedia.org sono copiati (dichiaratamente) da un agile pdf che rende facile notare come l’inverno demografico è un problema che riguarda l’intero distretto, e fin dai tempi in cui a dettar legge da quelle parti erano gli Asburgo.

Stante questa penuria di informazioni, mi sono visto costretto a ricorrere ai canali istituzionali e mi sono dunque collegato al sito Internet ufficiale del comune (aggiornatissimo, va detto). Una delle prime cose che ho scoperto, così facendo, è stata che Kràsensko fa parte dell’“Associazione dei comuni dell’altopiano di Drahan”, e può dunque costituire un valido “campo base” per chiunque desideri visitare le bellezze che questa regione ha da offrire, dai ruderi di un castello che, per motivazioni che purtroppo non sono riuscito ad afferrare, si chiama “del diavolo” (26 minuti in auto dalla nostra cittadina), ad un menhir (35 minuti di distanza) che, mi assicura un tal Vilda qui, è stato eretto a suo tempo “dai Liguri” (Ligurů in lingua originale).

Tale perentoria affermazione mi ha incuriosito. Appoggiandomi solo alle nebulose reminiscenze del periodo scolastico, sarei stato pronto a scommettere che il popolo dei Liguri occupava sì un territorio che superava abbondantemente quello compreso nei confini della Liguria attuale (mentre a settembre dell’anno scorso percorrevo la Via degli Dei tra Bologna e Firenze, ad esempio, ho incrociato un “castellaro” ligure), ma anche che non gli capitò mai di “debordare” ad est dell’Italia. Le fonti che ho potuto consultare senza dover accedere a costose e, ne sono sicuro, per me incomprensibili pubblicazioni specialistiche (questa, ad esempio), hanno dato ragione alla mia memoria, aggiungendo ulteriori precisazioni che sembrano smentire il buon Vilda. Nel sito linkato poco più in alto, ad esempio, si legge che i Liguri erano “il popolo più importante del Mediterraneo occidentale”; la pagina sull’argomento della Treccani, addirittura, riporta che Esiodo considerava i Liguri sinonimo di Occidente, e che la tradizione ottocentesca li voleva estesi dal Magra (fiume attualmente compreso tra Toscana e Liguria) fino alle Alpi o all’Ebro: che è fuori dall’Italia, per carità, ma si trova in Spagna, ossia (lo dico per chi non ha mai avuto buoni voti in geografia) dalla parte opposta dell’Europa rispetto alla Repubblica Ceca.

Insomma, sembra improbabile che un ligure potesse venire a trovarsi dalle parti di Kràsensko. Come spiegare, dunque, la dichiarazione di Vilda? Personalmente, ho due ipotesi:

  1. una confusione tra Liguri e Celti;
  2. uno spostamento ad oriente di alcuni liguri che combattevano come mercenari.

La prima ipotesi è quella più verosimile: Celti e Liguri confinarono e, a volte, “coabitarono” a lungo in Italia (e questo può spiegare il fraintendimento); ma mentre i secondi, come detto, erano verosimilmente “confinati” nella nostra penisola, o poco oltre, i primi (divisi in varie tribù che assumevano nomi diversi, ma accomunati da lingua e costumi) occupavano, prima della conquista romana, un territorio vastissimo, che comprendeva anche l’Europa centrale, ed anzi è proprio qui, ad Hallstat, in Austria, che sono state rinvenute le più antiche tracce archeologiche di un popolo celtico; tra i molti luoghi dove giunsero, c’era anche la Moravia, abitata dalla tribù dei Cottini.

La seconda eventualità non è del tutto peregrina: è capitato che in Germania si siano trovate steli dedicate a divinità mediorientali, ad esempio (ma risalenti al primo secolo dopo Cristo, quando le infrastrutture dell’impero romano e la sua necessità di spostare rapidamente le truppe rendevano assai più semplice la mobilità degli esseri umani); ed è noto che di tanto in tanto i Liguri prestavano servizio come mercenari: potrebbero dunque, combattendo combattendo, essere arrivati fino in Moravia, e lì aver eretto un menhir per fini che, ahimè, non scopriremo mai. Senza dubbio questa possibilità è suggestiva; tuttavia, essa pone un interrogativo: i Liguri costruivano menhir?

Rispondere a tale quesito non è semplice, perché sui Liguri ne sappiamo assai meno di quanto sappiamo sui Celti, che di sicuro utilizzavano questi megaliti. Questa è non solo una verità accettata, ed accertata, dagli storici, ma anche “materia” di cultura popolare, visto che Obelix, un celta fatto e finito (Galli era il nome che assumevano i Celti che abitavano l’attuale Francia) di lavoro fa, appunto, il costruttore di menhir. Una scoperta compiuta negli anni Settanta a Briaglia, in Piemonte, ci permette comunque di conservare la speranza: è qui venuta alla luce un’area megalitica, di impronta ligure, che, tra le altre cose, comprende anche alcuni menhir.

Aspettiamo un romanziere (magari moravo) che ci racconti questa storia.

Certo, esiste anche una terza evenienza, che fin qui ho taciuto: e cioè che Google Translate si sia sbagliato, e che Ligurů in ceco non significhi “Liguri”, ma qualcos’altro. Mi vedo infatti costretto, a questo punto, a farvi una confessione: non so parlare il ceco. Quindi, per consultare i documenti in “lingua originale” cui ho accennato, ho dovuto affidarmi a dei servizi di traduzione automatica, tra cui anche quello fornito dall’azienda di Mountain View: non ne vado fiero, ma in caso contrario non sarei riuscito a raccapezzarmi neppure col sito del comune di Kràsensko. Anche così, a voler essere sincero, non è che me la sia cavata benissimo: a tutt’oggi, non sono riuscito a trovare il “passaggio segreto” che consente di scoprire chi sia il sindaco della cittadina.

La frequentazione tra me e Google Translate, che ho tentato di mantenere il più breve possibile, è stata comunque feconda di sorprese: ad esempio, ho scoperto che i cechi, come i francesi e gli spagnoli ed al contrario degli italiani, traducono in “lingua madre” i termini dell’informatica; non c’è dunque nessuna homepage, ma piuttosto una titulì strànka, ossia pagina titolo. Altra parola di cui ho scoperto pressoché subito il significato è obec, termine “tecnico” della lingua amministrativa che significa comune. E che deve piacere a parecchie persone.

Non sono poche le “cose” (anche estranee alla Repubblica Ceca) che si chiamano obec: tra le altre cose, una app per guardare la tv, che permette (riporto testualmente dalla pagina Google Play ad essa dedicata) di “guardare programmi in diretta e in buona menta dalla televisione all’istruzione di base. Che contiene tutto, da Ufficio per l’istruzione di base con il contenuto in chiare categorie per un facile accesso”, qualunque cosa questo voglia dire; un’azienda che produce supporti che permettono di “sospendere” uno schermo televisivo (su cui presumo sia possibile installare OBEC Tv, se uno proprio si tiene) sopra il proprio letto: in questo caso, però, OBEC sta per OverBed Entertainment Center, ed il sito Internet dell’azienda mostra un entusiasmo degno di miglior causa, a tratti anzi quasi grottesco; un birrificio, Obec Brewing, con sede negli Stati Uniti, che tra tutti sembra essere quello che prende più “propriamente” in prestito il termine: la Obec produce infatti, come “prodotto di punta”, una Pils (tipica birra ceca) ed il suo obiettivo è di “costruire una comunità attorno alla birra”, come si legge nel suo sito Internet. E obec, come “comune” in italiano, fa parte di un campo semantico (ho scoperto consultando questo dizionario etimologico) che indica “le cose che riguardano tutti”, le “cose generali”.

Nel caso ve lo stiate chiedendo, sì: è possibile reperire online un intero dizionario etimologico ceco; se è per questo, è possibile reperire online anche un corso di lingua ceca dedicato agli italiani, per altro condotto con uno stile piuttosto accattivante. È stato quest’ultimo a svelarmi che Google mi aveva mentito.

Ad un certo punto, infatti, mi sono chiesto se Kràsensko, in lingua ceca, non potesse avere un qualche significato suo proprio, come Erba o Crema in italiano (e sarà forse un giorno il caso di esplorare l’abitudine dei lombardi di dare nomi “concreti” alle loro città); prontamente, Google mi ha fornito una risposta: certo che ce l’ha, mi ha detto; in ceco, Kràsensko significa “bellissimo”.

Grandemente stupito dalla coincidenza, ho fatto qualcosa che non avrei dovuto fare: sono andato a controllare, appunto sulla “grammatica” di cui ho detto poco più su; e lì, ho scoperto che “bellissimo”, in ceco, si dice kràsnà: in seguito, avrei appurato che kràsensko significa sì bellissimo, ma quattrocentocinquanta chilometri più in qua, dalle parti di Lubiana e non di Praga.

Perché dico che questa ulteriore verifica è stato un errore? Perché, andiamo, quale incredibile magia sarebbe stato far rivivere questa rubrica dopo dieci anni, e dedicare il suo primo episodio a qualcosa di bellissimo?

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