L’indispensabile post sulle Elezioni!

Dice: ahah, ti ho capito mascherina! Lo so perché hai aperto un sito giusto quei tre quattro giorni dopo le elezioni: vuoi inserirti nella caciara e far sentire anche la tua voce, vuoi sfruttare il rimbalzo pubblicitario, vuoi che scrivendo su Google Indispensabile post sulle Elezioni scritto su un blog fondato solo due giorni fa la gente piombi qui e tu diventi più letto di beppegrillo.it, eh? Confessa che è così!

In realtà, no, vostro onore, declino ogni responsabilità. O meglio, in principio il piano era proprio quello, ed era stato preparato con cura: tant’è vero che l’articolo l’avevo iniziato a scrivere prima. Prima degli scrutinii? No, no: proprio prima delle elezioni. Che tanto quello che volevo dire ce l’avevo già in mente, e sarebbe importato poco chi avrebbe vinto.

Per capirci: intendevo lamentarmi di come nessuno si sia premurato di dire, in campagna elettorale, che, tra una riduzione delle aliquote IRAP allo zero percento ed una moltiplicazione di pani e pesci, avrebbe trovato il tempo pure per ristrutturare una qualche forma di Stato sociale e per preservare i diritti dei lavoratori, e da qui partire per una riflessione sulla contrapposizione storica tra destra e sinistra, su cosa distingue questi due modi di intendere la politica, sulle grandi riforme “di sinistra” approvate tra la fine degli anni Cinquanta e l’inizio degli Ottanta (riforma della scuola media, Statuto dei lavoratori, istituzione del Sevizio Sanitario Nazionale… per non parlare delle leggi su divorzio ed aborto), sul “reflusso”, che è l’unica cosa che resterà, davvero, di quegli anni, su Reagan e la Thatcher, sulla “trasformazione antropologica” profetizzata da Pasolini, e che puntualmente si è realizzata, e che ha trasformato anche i cittadini più poveri, quelli che sognavano lo Stato che potesse scrivere sulle proprie bandiere “da ognuno secondo le proprie possibilità, ad ognuno secondo i propri bisogni”, in piccolo borghesi che votano chi promette loro di abolire l’IMU e di scacciare gli immigrati (anche a cannonate) dalle sacre frontiere della Patria.

Ma ci ho rinunciato. Non tanto perché i Wu Ming mi abbiano anticipato, ovviamente buttando giù queste idee meglio di me; no, ci ho rinunciato per le conclusioni davvero tristi che avrei dovuto trarre.

E cioè, in definitiva, che Warren Buffet (terzo uomo più ricco del mondo) ha ragione solo a metà, quando dice che la lotta di classe esiste, e che è la sua classe che la sta vincendo. Perché la sua classe l’ha già vinta. Almeno “culturalmente”.

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