Vedere lo Strega

È un vero peccato che, in un’epoca come la nostra, che avrebbe reso il loro lavoro agevole come mai è accaduto in passato, i giornalisti ed i blogger siano ormai gli sparuti rappresentanti di una specie in via d’estinzione, o già estinta senza che gli ecologi se ne siano resi conto; anzi, per dire meglio: è un vero peccato che siano in via di estinzione, o già estinti, i rappresentanti di queste due categorie che ancora non hanno subito la metamorfosi in editorialisti e/o in influencer. Che poi è più o meno la stessa cosa. 

Infatti, se questo mutamento non si fosse realizzato, fatta salva l’ovvia angoscia per le condizioni in cui versa questo sciagurato pianeta, sarebbe stato il momento storico perfetto per essere dei lettori: che, sia detto per inciso, è tra quelle citate fin qui l’unica famiglia a cui mi sento di appartenere.

Pensate un poco a che gran “pezzi” avremmo avuto a disposizione, se solo quell’estinzione non si fosse consumata: appassionati reportage dall’Ucraina e dal Medio Oriente scritti non semplicemente appoggiandosi ai (ovvero, ricopiando dai) comunicati stampa dei buoni, ma vibranti del dolore di chi si trova sul campo e si rende conto che in una battaglia, e soprattutto in una battaglia condotta con la “scienza esatta votata allo sterminio” nostra contemporanea, di buoni non ce ne sono (salvo i civili, ovviamente); analisi indipendenti dell’evolvere dei conflitti che non avrebbero citato le Sacre Leggi della Geopolitica allo stesso modo in cui i glossatori medievali citavano Sant’Agostino; ammonimenti sui pericoli (il riscaldamento globale, l’acuirsi delle disparità sociali…) che continuano ad incombere sulla nostra testa come una spada di Damocle, mentre il precipitare degli eventi bellici sembra averceli fatti dimenticare. 

Ed invece di tutto questo, l’evoluta informazione che viaggia alla velocità della luce sulle reti informatiche che cosa ha dato, nei giorni scorsi, a noi lettori? Le polemiche sul Premio Strega. Che sarà forse il caso di riassumere per chi, di recente, fosse stato giustamente impegnato a ricercare uno di quegli scritti (a mia conoscenza, purtroppo, solo ipotetici) cui abbiamo accennato nei paragrafi precedenti.

Circa una settimana fa è stata annunciata la dozzina di titoli che, quest’anno, si contenderanno il premio letterario più importante d’Italia. L’annuncio delle “nomination” ha provocato turbamento nella comunità dei commentatori nostrani di “fatti significativi”, anche se sospetto che tale inquietudine sia primariamente dovuta al fatto che questi commentatori, in un paese in cui il confine tra il territorio degli scrittori di libri e quello degli scrittori di articoli è tutt’altro che impermeabile, non sono del tutto estranei alla faccenda. Le polemiche, ad ogni modo, si sono concentrate non tanto sul chi e sul cosa, quanto sul come: in particolare, sul fatto che entrare nell’eletta schiera di chi può aggiungere alla copertina del proprio volume una fascetta con scritto “Candidato al Premio Strega” è più complicato che uscire da un conclave vestiti di bianco. 

Infatti, per trionfare nell’impresa bisogna intanto attirare l’attenzione degli “Amici della domenica”, un consesso di probiviri che hanno il compito di indicare alla Fondazione Bellonci, organizzatrice del premio, quale dei libri usciti nell’ultimo anno siano degni di competere, ed il cui ruolo viene considerato così delicato che vige il più stretto riserbo non solo sui meccanismi della loro nomina, ma anche sulla loro identità: chi siano questi “amici” è noto unicamente alla Fondazione stessa, che per bocca dei suoi portavoce fa comunque sapere di conservare tutta una serie di faldoni, ordinati per anno, con l’elenco di questi insigni “segnalatori”. Roba che nemmeno il KGB dei tempi d’oro coi suoi informatori.

Già questa fase preliminare, quest’anno, è stata sufficiente a mettere in subbuglio il mondo del giornalismo culturale, e degli ottantasette (ci torniamo) proposti si è parlato talmente tanto che perfino a me, che di solito riservo ai premi letterari la stessa attenzione che riservo alle dichiarazioni di Matteo Salvini, l’algoritmo di Google ha più volte suggerito articoli in merito. Entusiasmo degno di miglior causa, mi sento di dire: in fin dei conti, è come se i giornalisti sportivi avessero versato fiumi e fiumi di inchiostro sul preliminare di Champions League che la scorsa estate ha visto affrontarsi Lincoln Red Imps e Qarabağ (ha vinto quest’ultima compagine, per la cronaca), visto che in quello stadio eravamo ancora parecchio lontani dall’assegnazione dello Strega e ciascuno dei “nominati” aveva possibilità piuttosto scarse di risultare infine vincitore.

Infatti, una volta definito il gruppo dei “raccomandati” (sia detto senza offesa), questi sono stati sottoposti al giudizio di una giuria (che, a quanto sono riuscito a capire, è composta e dagli “amici della domenica”, e da membri “esterni”, appartenenti a circoli di lettura, società culturali e simili) che ha separato il grano dal loglio ed è giunta, infine, ad una rosa di “finalisti” (la “dozzina” di cui abbiamo già detto); questi “si sfideranno” tra loro (è prevista un’ulteriore, ridondante “riduzione” ad un elite di “superfinalisti”, che possono essere cinque o sei… a seconda di quale accade prima, avrebbe detto il cartellino degli imprevisti del Monopoli), finché, il prossimo 4 luglio, verrà annunciato chi è più degno di vedersi assegnato un indubbio privilegio, e cioè quello di trasformare il proprio libro in una pubblicità per un digestivo alcolico ad alta gradazione. 

La procedura, ne convengo, si caratterizza per un raro bizantinismo, ed è apparentemente figlia di quel pensiero deteriore che confonde il complicato con il complesso; inoltre (ed è questo che sembra aver attirato le reprimende delle penne più autorevoli) presenta un certo grado di opacità: la quale dev’essere emersa solo quest’anno, visto che è dal 1947 (con metodologie non molto diverse, presumo) che si assegna lo Strega, e finora mai nessuno aveva levato così alti peana, lamentando il rischio possibilità (concediamo magnanimamente il beneficio del dubbio) che le nomine si trasformino in un traffico di favori, per cui io nomino il libro pubblicato dal tuo editore, e tu in cambio scrivi una recensione favorevole del mio. Di poco più sensate e puntuali appaiono invece le polemiche sulla mole dei libri “presentati” alla giuria: ottantasette titoli, abbiamo detto, assai più che nelle edizioni precedenti, complice anche una modifica del regolamento (da qualche anno per “competere” basta essere stati nominati da un solo “amico della domenica”, mentre in precedenza ne servivano almeno due). Più di qualcuno ha notato che questo aggiunge un ulteriore elemento di “sospetto”, perché tra la presentazione di questo sterminato elenco e l’annuncio della dozzina di finalisti sono passati poco più di due mesi, e parrebbe impossibile che, in questo lasso di tempo, i giurati possano essersi letti tutti quei libri, e con un’attenzione tale da emettere su ciascuno di essi un giudizio abbastanza ponderato da decidere “quale sì e quale no”. E, intendiamoci: anche a me questa meccanica sembra farraginosa e problematica; ma mi sembra, pure, che chi si è limitato a farne una questione di tempistica abbia mancato completamente il bersaglio della sua critica, e per due motivi.

Tanto per cominciare, perché sembra impensabile che i giurati di un premio come lo Strega siano lettori normali, gente che legge per diletto e che può dedicarsi alla sua passione quando ha finito di lavorare, di far la spesa, di stare con la propria famiglia e, in poche parole, di vivere e sopravvivere; viceversa, ritengo lecito che per questo ruolo vengano scelte “persone del mestiere”, che lavorano e vivono tra i libri, che li leggono perché questo fa parte della loro professione. Do dunque per assodato che un giurato non deve andarsi a leggere tutti quei libri, ma semmai giusto recuperare quei pochi che non gli sono già capitati sotto gli occhi; poi, per carità, magari io vivo nel mondo dei sogni, e mi sbaglio: ma, se è così, se davvero tutti quelli che sono chiamati a giudicare quegli ottantasette volumi hanno dovuto aprirseli uno per uno e sfogliarli pagina per pagina, allora a dover essere messo in questione è il criterio che porta alla scelta dei giurati, non quello che porta alla scelta dei libri. O meglio: riconosco pacificamente che anche in questo ambito esistono delle criticità, ma queste esistevano già negli anni passati, quando i libri che superavano la “fase zero”, tra il sostanziale disinteresse dei commentatori, erano solo venti, trenta o quaranta.

Che senso ha, infatti, annunciare anche questi titoli? Quello che ci dice la Fondazione Bonci, quando lo fa, è essenzialmente: forse questo volume qui arriverà in finale allo Strega; asserzione alla quale sarebbe più che lecito rispondere: e a noi che ce ne frega? Non sarebbe meglio, anzi, non sarebbe più sensato fare una prima selezione “a fari spenti”, per poi presentare all’attenzione dei giurati e, soprattutto, dei giornalisti, solo e soltanto i dodici “eletti”? Certo, una tale modifica sacrificherebbe una certa pubblicità verso il premio e verso i libri che sono stati selezionati dagli “amici”… e questo ci porta a quello che è, probabilmente, il vero nocciolo della questione.

Uno degli articoli che ho letto su questa vicenda sottolineava come la maggioranza dei “magnifici ottantasette” avesse venduto, al momento di entrare nel “listone”, tra le trecento e le mille copie; avete capito bene: per vincere il premio letterario più importante d’Italia, basta essere stati letti, scusate, basta essere stati comprati, da un numero di lettori pari a quelli che, mediamente, visitano il mio blog in due, tre mesi. Ovviamente, tale “scoperta” ha dato la stura ad un certo moralismo d’accatto, quello che lamenta che lo Strega non risolve il vero problema che lo sta condannando all’inconsistenza, e cioè il fatto che le persone non leggono più. E per carità, questa critica è anche giusta, perché è verissimo che lo Strega non fa nulla per promuovere la lettura, e che tutt’al più bada alla sua sopravvivenza e ad offrire un minimo di “luce dei riflettori” a titoli che, altrimenti, nella migliore delle ipotesi resterebbero ad ingiallire sugli scaffali più riposti delle più sterminate librerie di catena e, nella peggiore, nella cantina di chi li ha scritti; ma, quel che è peggio, è che non fa nulla per risolvere il vero problema del mercato editoriale italiano, quello che è la causa di una crisi probabilmente senza ritorno.

Quel problema non sono i pochi libri che si leggono in Italia, ma i troppi libri che si scrivono. Mentre noi lettori, che siamo costretti a subirci polemiche sterili ed addirittura a parlarne, avremmo piuttosto un disperato bisogno di penne da dedicare al giornalismo ed al blogging: penne che, per favore, a un certo punto non comincino a loro volta a scrivere libri.

5 thoughts on “Vedere lo Strega

  1. Sì, avevo letto un articolo in cui si faceva proprio la disamina temporale: leggere (ma anche comprendere) 87 libri in due mesi è umanamente impossibile.
    Detto ciò, nulla di nuovo sotto il sole del Premio Strega. Più volte è saltato agli occhi persino a me che c’è favoritismo.
    Faccio solo un esempio che ho potuto toccare con mano: Cognetti da sempre edito Minimum fax è stato più volte candidato al premio ma mai finalista fino a quando non è passato a Einaudi e si è portato a casa l’ambito premio. Sarà stato un caso?
    Abbiamo una sfilza di Premi letterari sicuramente più validi e importanti, lo Strega è solo quello che, da sempre aiutato dai media, alza più polverone (ho prova tangibile anche di questo. Giuro).
    😊 Buona giornata.

    • La verità è che probabilmente il problema è trattare la letteratura come se fosse una gara di 100 metri. Non ha senso fare classifiche. Zola è meglio di Dumas? Sì, ma per chi e perché?

      • perfettamente! L’ho sempre pensato anch’io. Non Cerchiamo tutti la stessa cosa in un libro. Per di più, la nostra ricerca varia a seconda del momento vissuto. Suppongo che i “premi” siano un modo (sbagliato?) per invogliare alla lettura chi lettore non è o lo è solo occasionalmente. Un lettore abituale, sceglie e giudica a prescindere.

        Ci sarebbe da parlare ancora parecchio su questi argomento, ma tant’è.

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