Chi può dire cosa è bene e cosa è male?

L’esperienza della magia di Eugene Burger è, a modesto parere di chi scrive, uno dei testi più importanti della storia dell’illusionismo.

L’esperienza della magia di Eugene Burger è, pure, un eccelso rappresentante di quella categoria di testi che possiedono questa curiosa, e piuttosto rara, caratteristica: sono capaci di dire qualcosa anche a chi è completamente digiuno dell’argomento, ultraspecialistico, di cui si occupano. Questo è il motivo per cui più volte, in passato, mi è capitato di consigliarne la lettura su queste pagine, nonostante tra i miei lettori non possa annoverare nessun collega prestigiatore: ma in futuro chissà, a furia di insistere…

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Game of Dem

Tra le infinite sottotrame in cui Il trono di spade si divide, una delle poche che abbia gradito è quella che riguarda Dorne, il più meridionale dei Sette Regni in cui si divide uno dei due continenti che sono l’ambientazione di questa saga fantasy. 

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Le sa tutte, tutte le sa

Grava su di me una delle grandi maledizioni “professionali” della classe medica: quella che condanna parecchi dei miei parenti a prendere contatti con me solo e soltanto quando qualche malanno (reale e/o immaginario: credo non esistano significative differenze, per quel che riguarda la percezione del “paziente”) li affligge; non fosse stato così, e fossi riuscito a parlare con lei anche di questo argomento, penso che la mia adorata nonna lo avrebbe commentato così, nell’aspro dialetto delle mie parti: pur le mosche teu la toss. Tradotto: anche le mosche hanno la tosse.

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Calendario dell’avvento – Indicazioni di voto

Mi sembra che i votanti e, soprattutto, i leader del Partito Democratico abbiano preso con una certa filosofia la roboante sconfitta (cui alcuni hanno voluto fare da contraltare un trionfo di Fratelli d’Italia: analisi con cui non sono d’accordo) da loro patita alle ultime elezioni politiche, tenutesi il 22 settembre scorso: d’altronde, era in un qualche modo fatale che le azioni compiute e, soprattutto, i messaggi lanciati dai politici di centrosinistra nel lungo viaggio che ha portato il Partito Comunista Italiano a trasformarsi nel Partito Democratico portassero così tante persone nell’abbraccio mortale della destra, in questo momento rappresentata dal partito di Giorgia Meloni. Scopo di questo articolo è dimostrare questo assunto.

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Il caso L.R.

Con l’esclusione di Carlo Calenda, che manteneva un contegno dignitoso che altri, malignamente, avrebbero detto piuttosto bovino, coloro che Hercule Poirot aveva radunato nello studiolo di quello storico palazzo romano tradivano, ciascuno a modo suo, la loro impazienza: da quando cinque minuti prima erano entrati nella stanza (impreziosita, si faceva per dire, da un brutto affresco che raffigurava la gloria di qualche insignificante famiglia patrizia del Settecento), l’investigatore non aveva ancora rivolto loro una sola parola e, anzi, non li aveva ancora neppure guardati; le mani incrociate dietro la schiena, continuava a rimirare l’angolo di Roma che riusciva a vedere dalla finestra a cui era affacciato, di tanto in tanto emettendo un deliziato mugolio di ammirazione.

Fu, infine, Giorgia Meloni a parlare, senza dubbio interpretando il pensiero generale (cosa che, in tempi recenti, aveva preso l’abitudine a fare, spesso a sproposito): “Ma insomma, questa mancanza di rispetto è inaccettabile! Ci ha sottratti tutti alle nostre occupazioni che, almeno per alcuni di noi, comportano un elevato carico di responsabilità, ed ora se ne sta lì a non far nulla! Questo atteggiamento tipicamente europeo…”

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Trucchi poco noti

Tra il 17 ed il 25 settembre scorsi sono stato in ferie. E no, al contrario di quanto accaduto in molte occasioni precedenti (per l’Andalusia, per la Toscana, per Parigi, per Napoli ed a ben vedere anche per Roma, visitata in due occasioni del tutto particolari in tempi assai più prossimi alla nascita di questo blog, quando ancora sognavo di scrivere una guida turistica tutto sommato convenzionale) questa circostanza non sarà occasione per il lancio di una rubrica “a tema”.

Ciò non significa, ovviamente, che le mie vacanze di quest’anno non siano state soddisfacenti o interessanti; è solo che, come ho detto più volte a chi mi ha chiesto dove sarei andato, esse sono state itineranti: in poco più di una settimana ho dormito in cinque città differenti di quattro regioni e cinque province diverse, e l’esperienza è stata così varia e mutevole da non poterla racchiudere tutta sotto un unico “filo conduttore”. Semmai, avrei potuto pensare di dedicare un ciclo di post a ciascuna delle città in cui ho soggiornato, sia pure così brevemente… ma non vi voglio così male. Non ancora, almeno.

Una delle mete di questo mio vagabondare, degno del Di Caprio di Prova a prendermi, è stata Torino, che ho visitato con il preciso intento di capire non solo perché, ma anche se effettivamente si meritasse il titolo di capitale magica d’Italia; e, nascosta sotto la fastosità e la magniloquenza di cui i Savoia l’hanno ricoperta nel tempo, senza riuscire ad annullarne del tutto il fascino, ho trovato effettivamente una città che è magica non solo nel senso, per così dire, “esoterico”, ma anche in un senso più “tecnico” che, forse, preferisco. Intendo dire che, forse anche per via della compagnia con cui mi trovavo, l’ho trovata una città particolarmente congeniale all’illusionismo (d’altronde, ci abita il mio maestro in quest’arte, Mariano Tomatis), una città che stimola la riflessione illusionistica e la visione illusionistica del mondo. In altri termini: mi è venuta voglia di lavorare a moltissimi effetti magici, mentre camminavo per le sue vie tagliate ad angolo retto. Uno di questi, voglio condividerlo con voi.

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D di Desolante (e forse qualcosa in più)

Raccontavo qualche tempo fa di come l’Italia invasa dai manifesti elettorali di Silvio Berlusconi e Francesco Rutelli (nonché da quelli di Pierferdinando Casini, mister 100% coerenza e lealtà), avesse spinto nel 2001 il Financial Times ad equiparare il nostro paese all’Iraq di Saddam Hussein; quella di quell’anno è la prima campagna elettorale che ricordi con precisione (la sorte è generosa, a volte) e, per lungo tempo, ha costituito la pietra di paragone riguardo la bassezza cui potesse giungere la politica italiana: ad insidiare il suo primato, sta solo l’ultima, vincente battaglia mediatica del Cavaliere; quella, per capirci, che nel 2013, dopo una stagione di governo giudicata fallimentare perfino dai suoi alleati, lo portò, grazie a promesse tanto mirabolanti quanto insultanti, a colmare il distacco di quasi dieci punti percentuali che lo separava da Pierluigi Bersani, il quale diede in quest’occasione prova di singolare inettitudine.

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